Quayola. Re-coding

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di Ilaria Zanotto

L’arte del codice algoritmico! Un linguaggio artistico che ha un rapporto viscerale e imprescindibile con la tecnologia più avanzata del momento.

Se vi piace la tecnologia ma allo stesso tempo non potete dimenticare le opere d’arte del passato, dalla statuaria classica all’arte rinascimentale, dal barocco alla tradizione paesaggistica dell’Otttocento, e non solo, re-coding è la mostra giusta da andare a visitare! Vi immergerete, nel vero senso della parola, in uno spazio che ha qualcosa di familiare ma al tempo stesso qualcosa di profondamente innovativo, moderno. L’immagine scelta per la locandina ci dice già tutto e niente.

La mostra, ospitata a palazzo Cipolla in via del Corso dal 29 settembre 2021 al 30 gennaio 2022, ripercorre i primi passi dell’artista romano Davide Quayola dal 2008 fino alle sue ultime “ricerche”. Proprio così, perchè l’artista sostiene che le sue opere non costituiscono altro che la documentazione di una scoperta, di una ricerca in atto.
Non appena si entra nel palazzo, si udirà un suono, una musica, un elemento assai curioso. Ci si ritroverà catapultati in una sala verde dove campeggia sul lato sinistro una fra le sculture più celebri nella storia dell’arte: il Laocoonte. Ma cosa succede? Dove sono finiti i figli e i serpenti? Da cosa si sta divincolando il Laocoonte? E quelle forme?? Più in basso e in più punti della sala, troveremo una serie di frammenti rossastri ma.. oh cielo! Ma quello lì è un occhio? E quello un naso? In alto, ed ecco da dove proveniva il suono iniziale, la video istallazione del soffitto barocco della Chiesa del Gesù, in cui si susseguono una serie di forme geometriche.
Proseguendo, si accederà a una sala rossa che darà l’idea di una galleria tradizionale. Appese al muro, una serie di stampe che richiamano lo stesso linguaggio visibile poco più avanti in alcune video istallazioni da opere classiche. Si vedranno forme poligonali (mesh, in computer grafica) che derivano da una nuova indagine della realtà, quella analizzata dall’occhio
della macchina. Queste eruzioni poligonali, infatti, vengono generate da un linguaggio algoritmico, reso visibile anche per iscritto e messo a confronto, quasi in maniera provocatoria, accanto alla descrizione comprensibile di Vasari sull’Adorazione dei Magi di Botticelli. In un’altra sala sono presenti incisioni su lastre di alluminio anodizzato che propongono delle nuove sinopie, dei nuovi disegni preparatori, quelli generati al computer. Avanzando, si arriva alla riproposizione di una
scultura barocca per eccellenza: il ratto di Proserpina di Bernini. Non è però a tutto tondo, rimane incompleta e impiega un nuovo materiale scultoreo, il poliuretano, esteticamente sbrilluccicoso. La scultura ci permette di vedere la profondità del materiale attraverso i solchi profondi e pluriformi lasciati non dallo scalpello..ma da un braccio meccanico che ubbidisce a ordini computazionali! Il braccio appartiene alla macchina da fresa industriale che l’artista ha fatto costruire appositamente mediante la collaborazione con aziende di robotica. Quayola inaugura una vera e propria estetica dell’intaglio. La scultura è lasciata incompleta perchè l’artista eredita e fa sua la poetica del non finito michelangiolesco.
Nella sala adiacente, è possibile vedere in quattro blocchi le varie fasi del processo per la realizzazione del busto di Plutone. È proprio questo uno dei suoi punti focali: rendere visibile il processo creativo dell’opera stessa, utilizzando i mezzi e gli strumenti più coerenti con il nostro presente. Più avanti, sembrerà di entrare in piccole sale cinematografiche dove c’è il paesaggio a fare da protagonista. Viene reso omaggio all’impressionismo francesce, a Van Gogh e al pointillisme. I paesaggi vengono prima osservati dai laser ad alta definizione, dopodiché i dati raccolti vengono manipolati al computer mediante l’uso di software specifici ed esposti attraverso lo strumento principe di Quayola: il video.
Si vedranno una serie di effetti che combinati tra loro riproducono pennellate digitali in movimento. Queste proiezioni vengono accompagnate da vari tipi di suoni, uno fra i più curiosi e che ci porta anche verso un’altra strada di ricerche intraprese dall’artista, è nell’opera New Compositions, dove le pennellate cromatiche digitali seguono l’imput del suono. Quayola si dedica parallelamente ad eseguire concerti audiovisivi, dove studia questa intima connessione tra il suono e l’immagine. La mostra si conclude con un’altra opera paesaggistica, che ci immerge in una foresta svizzera in bianco e nero pixellata, Remains. Quest’opera ci mostra un altro punto cardine su cui lavora l’artista: l’estetica del glitch, cioè dell’errore del sistema tecnologico. I macchinari che percepiscono la realtà, non riescono a cogliere alla perfezione ogni singolo dettaglio della natura. Insomma, una mostra sbalorditiva che ci inserisce con stupore e curiosità nel mondo della tecnologia ma che termina con una constatazione: l’imperfezione della macchina scientifica.

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