The Last Supper. The living tableau

by Olga Concetta Patroni
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di Rossana Buono

I capolavori della Storia dell’Arte vivono in eterno non solo nella ammirazione dei fruitori delle diverse generazioni, ma anche nella reinvenzione degli artisti di epoche successive che ne traspongono su altri piani l’idea generatrice dell’opera.
È il caso della Ultima Cena di Leonardo da Vinci la cui immagine è recentemente uscita dalla parete del Refettorio del Convento di S. Maria delle Grazie a Milano per riapparire nell’invaso della cupola della Basilica di S.Maria di Montesanto, detta la Chiesa degli Artisti, in piazza del Popolo a Roma, in occasione della festa del Corpus Domini il 6 giugno 2021.
Miracolo della tecnica… e non solo! La visione estatica che rapisce chi è entrato nella chiesa dal 4 al 11 giugno si deve alla geniale invenzione di Armondo Linus Acosta (regista e autore) che ha creato un cortometraggio della durata di nove minuti: già presentato a Milano, nel Palazzo Reale, in concomitanza con l’esposizione dell’arazzo vaticano riproducente il Cenacolo leonardiano (8 ottobre – 17 novembre 2019), The Last Supper: the Living Tableau si rivela di una potenza ipnotica incredibile, per via dei lenti e solenni gesti dei personaggi e della drammaticità della colonna sonora dello Stabat Mater  di Rossini. 

Nella penombra della chiesa la testa va in su per guardare la scena della Sacra Cena sullo sfondo architettonico delle tre finestre che inquadrano il paesaggio esterno, così come Leonardo lo dipinse. Gli apostoli, ripresi in controluce, sono già seduti in gruppi di tre per volta, come nel dipinto leonardesco che viene riproposto nella fedeltà di ogni dettaglio. Lentamente appare la figura di Gesù Cristo che prende posto al centro della tavola imbandita e inizia con lenta e ieratica gestualità a protendersi verso gli apostoli.
Tutti i personaggi sono somiglianti, nella fisionomia e nei costumi, in maniera impressionante a quelli dipinti da Leonardo.
Non sono attori professionisti ma addetti ai lavori su set cinematografici, notati dal regista per via della loro somiglianza con gli apostoli leonardiani, quindi scelti successivamente per il ruolo. Lo stesso Armondo Linus Acosta si è prestato ad impersonare l’apostolo Taddeo.
Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo hanno provveduto ad animare la scena in modo originale, mettendo in opera uno stratagemma che desse una particolare  postura e una resa eccezionale dei costumi ai personaggi. Si sono serviti di calchi di gesso in cui calare i corpi degli attori affinché potessero con più facilità mantenere la posizione data e annullare la percezione plastica e naturale dei corpi attoriali.
Inoltre Vittorio Storaro ha dato al cortometraggio una impronta di perfezione stilistica che contraddistingue la sua maestria, tra l’altro affermando che la sua intenzione era quella di rendere la pittura viva.
La proiezione vive di due momenti distinti: con i fotogrammi in “bianco-nero” durante la reale celebrazione della messa dell’officiante di turno nella sottostante zona absidale della chiesa e poi successivamente col passaggio “a colori” quando, finita la celebrazione, si raggiunge la piena oscurità in tutta la chiesa, a porte chiuse. Con lo sguardo all’insù si viene estaticamente rapiti in un mondo irreale che è alle radici della storia umana e religiosa. Non prevale esclusivamente il sentimento religioso, ma si insinua una serena e suggestiva meditazione sulla condizione umana e sui suoi valori. Parla direttamente al cuore questo living tableau, senza scadere in banali sentimentalismi.
Questa opera di Acosta si differenzia nella tipologia e nella finalità dalla Ultima Cena di Peter Greeneway (2008 Milano) che con esperimenti digitali mostra sulla immagine dell’opera leonardesca una sovrapposizione di schemi grafici, giochi di luce e isolamento di particolari come le mani per una lettura critica e scientifica del dipinto.
Del tutto differente dall’afflato poetico e magico del Last Supper di Acosta, che è stato proiettato già a Gerusalemme nella Basilica del Santo Sepolcro durante la scorsa Settimana Santa e poi per papa Francesco al Vaticano. In un prossimo tour mondiale l’opera di Acosta riapparirà, di volta in volta in altre sedi, in contesti ambientali imprevedibili.

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