di Olga Concetta Patroni
La parola mistèro deriva dal greco antico μυστήριον (mysterion) e indica la celebrazione di riti d’iniziazione. Prima utilizzata in riferimento a particolari culti segreti (dionisiaci, eleusini ecc.), poi estesa a tutti i culti con il significato generico di “verità religiosa rivelata da Dio”, a partire da questa origine la parola “mistero” si è diffusa nel linguaggio comune per indicare tutto ciò che non si può intendere o spiegare chiaramente. Il significato del termine è rimasto perciò legato all’idea di segretezza, di impossibilità di piena conoscenza, di oscurità. Tutti questi aspetti sono stati affrontati nella serata del 12 agosto sulla terrazza del Campanile di Gaeta in un dialogo tra monsignor Luigi Vari, arcivescovo di Gaeta, Carmelo Occhipinti, storico dell’arte e docente presso l’Università degli studi di Roma Tor Vergata, e Giorgio Fornetti, ex ricercatore e fisico presso il centro di ricerche ENEA. Questo appuntamento ha segnato la ripresa di “Dabar – il potere della parola”, una serie di incontri organizzata dalla Chiesa di Gaeta e nata nel 2018 per riscoprire le parole importanti della vita attraverso l’interpretazione della Bibbia e testimonianze di spiritualità e cultura in tutte le loro forme.
La serata del 12 agosto, inaugurata dall’interpretazione del Cantico delle Creature da parte dell’attore e musicista Luca Maucèri e accompagnata dal quartetto musicale composto da Donato Cedrone, Monica Canfora, Roberta Palmigiani, è stata dedicata alla riscoperta della parola mistero. I tre relatori, uniti da collaborazione e amicizia, hanno affrontato il tema dal punto di vista della scienza, dell’arte e della fede facendosi testimoni del legame esistente fra tre mondi apparentemente separati. Ad anticipare i primi due interventi è stato proiettato un video che ha mostrato al pubblico una riproduzione 3D della Cappella dell’Immacolata Concezione, nota anche come Cappella d’oro, uno dei tesori della città di Gaeta. Il modello 3D è stato realizzato dalla dott.ssa Olga Concetta Patroni, collaboratrice dell’Università di Roma Tor Vergata, e dal professor Giorgio Fornetti con lo scopo di valorizzare il patrimonio storico artistico di Gaeta.
Questo progetto di valorizzazione è nato dalla collaborazione tra il Dipartimento di studi letterari, filosofici e di storia dell’arte della seconda università di Roma e l’Arcidiocesi di Gaeta e vedrà realizzarsi una serie di eventi, tra cui una lezione – spettacolo che unirà arte, tecnologia e rappresentazione teatrale per valorizzare il patrimonio artistico in modo coinvolgente. Davanti alla riproduzione 3D ad alta risoluzione, Giorgio Fornetti ha riflettuto sulla natura della luce e sulla sua importanza come strumento di visione e di conoscenza.
“La luce” ha detto “è uno dei più grandi misteri della scienza: senza la luce le cose non si vedono ma la luce non è visibile, si vede soltanto quando interagisce con qualcosa, e questo è il primo binomio indissolubile […] La visione viene fuori dall’interazione fra la luce e la materia.”
Nell’osservare l’ambiente della Cappella d’oro per poi realizzare il modello 3D che la riproduce, la prima sfida che si pone davanti allo scienziato – ha sottolineato Fornetti – è quella di capire quale sia la luce più adatta a realizzare un prodotto digitale. È importante scegliere una luce adeguata a riprodurre al meglio l’opera d’arte per permettere di apprezzarne tutti gli aspetti e i dettagli.
A questa necessità si lega la seconda sfida, quella della memoria: “esiste il problema di memorizzare il grandissimo numero di particolari in un posto che può sempre essere cercato, visitato, portato con sé. Ciò che lo scienziato cerca è l’intelligenza dell’algoritmo che memorizza quello che ha visto.”
La terza sfida identificata da Giorgio Fornetti è quella più difficile, ovvero quella di ricreare l’emozione ricercata dal committente al momento della realizzazione dell’opera d’arte. È possibile ricreare quell’emozione? Secondo il fisico la risposta è affermativa poiché oggi la rappresentazione della conoscenza e la scienza ci permettono di rappresentare le meraviglie dell’arte in modo da ricreare quelle emozioni. Nel suo intervento Fornetti ha raccontato come uno scienziato interagisce con l’arte, quali sono le sfide che affronta e quali le soluzioni che identifica fino a trovare un’interazione fra arte, scienza e tecnologia. “Visione, memoria e rappresentazione di un soggetto creato dall’arte. Siamo davanti a tre temi scientifici che interagiscono con l’arte. Quale è il loro significato? La storia sacra, la religione, la fede.” – ha concluso l’ex ricercatore – “Non vedo come le tre parti possano essere separate, non si può tracciare un confine tra l’una e le altre. In questo senso lo stesso binomio indissolubile tra la luce e il vedere viene qui riproposto tra nozioni artistiche, scientifiche e la fede.”
Con questa conclusione Fornetti ha introdotto l’idea di una connessione fra scienza, arte e religione che non lascia spazio a dualismi né a diversificazioni di settori o di discipline.
In virtù di questa connessione Carmelo Occhipinti ha declinato il tema della serata parlando di luce, di oscurità, “del mistero della parola che diventa immagine e nello stesso tempo dell’immagine che suscita il bisogno di esprimerci a parole anche quando ci troviamo di fronte a qualcosa di ineffabile.”
Dopo aver accennato alle origini greche della parola mistero, Occhipinti ha raccontato di alcune testimonianze storiografiche di età moderna: “Le Vite” di Giorgio Vasari e “Le notizie dei professori del disegno” di Filippo Baldinucci in cui la parola mistero è utilizzata in riferimento alle rappresentazioni della vita di Cristo e della Vergine, questo si pone in continuità con la connessione fra arte e religione, anticipata nell’intervento precedente.
“Nella scrittura di Vasari e Baldinucci la parola mistero presuppone un approccio particolare da parte di chi guarda, sia nei confronti dell’immagine che nei confronti della verità che risiede al di là di ciò che si vede. Presuppone un coinvolgimento, una disponibilità a lasciarci pervadere dall’aura che promana dall’opera d’arte e a guardare non solo con gli occhi del corpo ma anche con gli occhi dell’intelletto perché il mistero dell’arte è al di là dell’opera d’arte, è dentro di noi.”
Queste parole tratte dalle riflessioni scritte da Sant’Ignazio di Loyola negli “Esercizi spirituali”, pubblicati due anni prima delle Vite di Giorgio Vasari, testimoniano il legame tra rappresentazione artistica e sacra. Secondo sant’ Ignazio – ha spiegato Occhipinti – tutte le immagini devozionali sono misteriose in quanto è necessario che ci trovino nella giusta disposizione d’animo, in una condizione, cioè, che ci renda disponibili a vivere le immagini dall’interno. Secondo le parole di Sant’Ignazio, la giusta disposizione verso le immagini devozionali si può trovare solo nel raccoglimento che è favorito dalla dimensione del buio. L’oscurità è condizione necessaria per la meditazione che permette di avvicinarsi al mistero dell’arte. “Questo” ha continuato Occhipinti “è vero fin da quando l’uomo ha iniziato a creare immagini per risalire alla verità che è al di sopra di esse. Pensiamo alle grotte graffite dall’uomo primitivo, i graffiti all’occhio dell’uomo primitivo nella loro dimensione rituale e magica prendevano a vivere e a muoversi per effetto della fiaccola che creava un’atmosfera meravigliosa nell’oscurità delle grotte primitive.” Come le pitture rupestri, anche le statue di bronzo nelle celle dei templi greci, gli oggetti d’oro, le statue marmoree di Antonio Canova e le tele del Caravaggio, tutta l’arte e i suoi misteri sono legati al buio e all’oscurità. La luce vibrante di torce, lumi e candele rende vive rende le forme morbide e le opere vive: “tutti i capolavori dell’arte sono stati realizzati per essere visti al buio, immersi nella totale oscurità per essere ammirati alla luce di una fiammella che crea situazioni suggestive e meravigliose”. Il mistero dell’arte non è solo dentro l’opera d’arte ma è al di là, è soprattutto dentro di noi nella disponibilità nel lasciarci avviluppare dall’atmosfera piena di memoria e di storia che si respira nei luoghi in cui è conservata un’opera d’arte. Questo ci pone davanti a una riflessione sul rapporto tra l’arte e la tecnologia: “La tecnologia ci aiuta a cogliere il mistero dell’arte? E come? Prima di accettare l’aiuto degli strumenti della tecnologia” ha concluso Occhipinti “dobbiamo capire che uso farne e non dobbiamo mai dimenticare che la forza della nostra capacità di vedere risiede nella limitatezza umana, nella soggettività della nostra visione. Non c’è niente di più soggettivo del vedere ma se perdiamo la capacità di vedere dentro di noi gli strumenti della tecnologia ci renderanno ancora più ciechi.”
La serata è stata chiusa dall’intervento di monsignor Luigi Vari che ha spiegato come la scelta della parola mistero come tema della serata sia stata legata proprio alla sua complessità.
“La parola mistero per essere spiegata ha bisogno di linguaggi diversi che sappiano collaborare fra loro, è una parola complessa che ha bisogno di conoscenze diverse e allora l’abbiamo scelta dopo un periodo in cui fra ciò che più è mancato di certo c’è stata la collaborazione tra diversi linguaggi, la visione dell’uomo complessiva, totale”.
Durante la crisi sanitaria dati e numeri sono diventati quasi l’unico linguaggio a disposizione di tutta la popolazione mondiale, “la vita e le storie delle persone sono diventate numeri da cui potevano emergere speranza o disperazione, solitudine e lacrime”. In questo scenario tutta l’umanità ha preso coscienza dell’idea del mistero inteso come verità insondabile. “Dichiarare il mistero però” ha continuato l’Arcivescovo “non significa arrendersi e rinunciare a capire, ma significa dichiarare la profondità della realtà in cui viviamo.”
Come nei precedenti due interventi, anche l’Arcivescovo ha sottolineato l’esistenza di un legame, quello tra mistero, storia e fede: “nella Bibbia la storia dell’uomo e quella di Dio si intrecciano e il mistero diventa un disegno che si svela e che ha a che fare col progetto di Dio. Il credente è colui che non si arrende all’insensatezza, che vive nel mistero, che cerca significati.
“Per l’apostolo Paolo” ha concluso il monsignore “mistero è l’imprevedibile che fa avanzare la storia. In un mondo pieno di divisioni il mistero è realizzare il disegno di un mondo che ne sia privo. Un mondo senza muri e senza necessità di definirsi per il proprio stato, per la propria cultura e per nessuna delle condizioni che giustificano discriminazioni. La storia è il banco di prova per questo mistero di unità e i credenti sono coloro che lo rendono possibile, che lo conservano lo costudiscono e questo li rende capaci di comunicare con tutti coloro che sono affascinati da questo mistero.” Sul bellissimo palcoscenico del campanile di Gaeta arte, fede e scienza hanno svelato insieme il senso profondo della parola mistero con un l’incoraggiamento alla comprensione e alla conoscenza raggiunte attraverso la continua ricerca del significato e la commistione tra diversi linguaggi e conoscenze.
Approfondimenti: https://osservatorio-arte-tecnologia.weebly.com/reviews/archives/08-2021