di Marina Cafà
Sono molte le generazioni che ha saputo coinvolgere e riunire davanti al piccolo schermo, e persone commosse di ogni età erano presenti ieri in Campidoglio, per rendergli omaggio, ringraziarlo e porgergli l’ultimo saluto.
Piero Angela ha saputo trasmettere con passione e singolare garbo ed eleganza il suo amore per il sapere segnando, con il suo linguaggio accessibile a tutti, un nuovo tempo nella modalità di comunicazione di argomenti scientifici e culturali.
“La ricetta per comunicare in modo efficace è quella basata sul metodo del panettone”, ha rivelato la biologa Barbara Gallavotti, sua collaboratrice, che ha così sintetizzato il senso dell’insegnamento del grande maestro della divulgazione: “il racconto è come un panettone, l’impasto da solo non basta, bisogna disseminare qua e là le uvette per soddisfare i gusti di tutti”.
Con Piero Angela abbiamo esplorato i segreti del cielo, del corpo umano, le meraviglie della natura e del genio creativo dell’uomo, popoli e paesi lontani, abbiamo imparato a conoscere meglio la storia, le possibilità e i limiti del nostro pianeta. Con la sua contagiosa curiositas, che abbracciava molteplici discipline, ci ha insegnato il prezioso valore dell’interdisciplinarità.
Pioniere nei suoi programmi nell’uso della tecnologia e degli effetti speciali (come il chroma key e la realtà aumentata), finalizzati a fornire agli spettatori un approccio immersivo ed esperienziale, Angela era un amante dei dettagli, e in lui arte e scienza si sono compenetrate in un sapiente binomio armonico: “i testi dei suoi documentari diventavano musica” – hanno evidenziato i suoi più stretti collaboratori – e venivano “accordati” con una particolare musicalità, che rivelava l’indole appassionata del celebre divulgatore per il jazz, tanto da essere stato, da giovane, un talentuoso pianista.
Non è un caso che in un uomo di scienza come lui convivesse questa affinità elettiva per la musica che, per secoli, da Pitagora e fino al Cinquecento avanzato, è stata considerata come una scienza (inclusa nel Quadrivium delle scienze assieme all’aritmetica, alla geometria e all’astronomia), perché ritenuta una manifestazione dell’armonia del mondo, legata ai numeri, ai rapporti numerici e alle figure geometriche (realtà immortali, spirituale, che non partecipano della caducità delle cose terrene).
Anche in Leonardo da Vinci scienza e arte convivevano, fornendo l’una alimento all’altra, e viceversa: da scienziato curioso, che in prima persona provò a scoprire e spiegare i misteri della natura e dell’uomo, e da artista sperimentatore che, nell’ambito della sua eclettica attività di ricerca, prese in esame determinati rapporti numerici, del tutto analoghi almeno come valore agli intervalli musicali della scala pitagorica, il celebre artista del Rinascimento realizzò i suoi capolavori sulla base delle sue conoscenze dei rapporti armonici musicali.
Leonardo progettò (e in qualche caso realizzò) strumenti musicali, ed approfondì certe peculiarità estetiche tra musica e pittura (proclamando la supremazia di quest’ultima nell’acceso dibattito del Paragone tra le arti), era anche un abile suonatore di «lira da braccio», ed il matematico Luca Pacioli fu tra i primi a rivelare, nel De divina proportione (1497-98), la sua spiccata attitudine musicale, testimoniata in seguito anche da Paolo Giovio, l’Anonimo Gaddiano, Giorgio Vasari e Giovanni Paolo Lomazzo.
La complementarità e l’associazione tra arte e scienza sono state richiamate ieri anche dal figlio del noto divulgatore, Alberto Angela che, durante il suo discorso funebre nella Sala della Protomoteca in Campidoglio, ha fatto un riferimento a Leonardo da Vinci: “Ultimamente [papà] ripeteva un aforisma di Leonardo Da Vinci, a me è sembrato un po’ di vivere con Leonardo Da Vinci in casa, riusciva a mettere d’accordo tutti, dicendo sempre le cose giuste. E Leonardo Da Vinci diceva: “Siccome una giornata ben spesa dà lieto dormire, così una vita ben usata dà lieto morire”. Lo ha ripetuto fino alla fine, ed è un suggerimento che ci ha dato […]. Lui continuerà nel mio modo di vedere a vivere, non solo nelle trasmissioni che ha fatto, ma lui continuerà a vivere in tutti quei ragazzi che hanno la speranza per il futuro, che cercano l’eccellenza e con sacrificio vanno avanti, in tutti i ricercatori, le persone che cercano di unire e non disunire, che cercano la bellezza nella natura. Era bravo in tutte le cose, perfino nel disegno, una mente che ancora adesso mi sorprende”.
Piero Angela era un grande sostenitore della missione del FAI – Fondo Ambiente Italiano, ed a lui proposi di tenere a battesimo, come padrino d’eccezione, il primo gruppo Giovani della Fondazione, nato a Catania nel gennaio del 2008. Ricordo con affetto il grande entusiasmo che manifestò in occasione del nostro incontro al Teatro Metropolitan di Catania durante il “Premio Angelo D’Arrigo” e le sue parole coinvolgenti ed incoraggianti che non dimenticherò mai:
“La cosa migliore che i giovani possano fare è impegnarsi a salvare l’Italia, oggi sempre più distrutta e calpestata. Io credo che la nascita del Fai Giovani sia una grande risorsa e mobilitarsi per il bello merita sempre un plauso ed un riconoscimento”.
Altra testimonianza sul fatto che Leonardo tenesse in grande stima la disciplina musicale e ne fosse al contempo grande conoscitore ci è data dai suoi stessi disegni e appunti: note scritte su pentagramma, strumenti e progetti di macchine per fare musica, rebus con note musicali, ecc.. Tra questi ricordiamo: una lira zoomorfa (Codice Ms. Ashburnham I, 2184 fol. C), una campana percossa da due martelli e quattro percussori, distanziati in modo che i suoni emessi sembrino provenire da quattro diverse campane (Codice MadridII, fol. 75 v.), la cosiddetta viola organista (Codice Atlantico, fol. 93 r.), una viola organista a ruota (Codice Atlantico, fol. 586 r), un organo con canne di carta (Codice di Madrid II, 76 r.), tamburi di varie forme ed altro ancora.