Neologismi dell’arte contemporanea: ‘Arte computazionale’

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All’ ‘arte computazionale’ è stato dedicato uno studio presentato in occasione dell’Incontro di Studi su Neologismi nella critica artistica contemporanea. Nuovi media, nuove tecnologie, nuove prospettive metodologiche, curato da Federica Bertini e Rosalinda Inglisa con il coordinamento del Prof. Carmelo Occhipinti, presso l’Università San Raffaele di Roma, il 25 novembre 2022.

Al fine di comprendere da quando il neologismo computational art è entrato nel lessico della critica d’arte contemporanea, la storica dell’arte Marina Cafà ha presentato la storia del termine ‘computazionale’, il suo significato e i contesti in cui è stato utilizzato epoca classica, moderna e contemporanea, servendosi delle attestazioni presenti nei dizionari di lingua greca, latina, inglese ed italiana.

Dal latino compŭtātĭo (ʻcalcolo, conto, computo, grettezza, avariziaʼ, dal verbo com-pŭto, ʻcontare, computare, calcolare, valutare, pensare al proprio utile, ritenereʼ), attestato in epoca classica in Plinio il Vecchio, Seneca, Quintiliano, il termine è stato utilizzato in epoca moderna in ambito filosofico e scientifico, da Athanasius Kircher nell’Ars magna lucis et umbrae (1646), daThomas Hobbes nella Computatio sive logica (1655), in cui si equiparava il ragionamento al calcolo, e da G. W. Leibniz che, nella Dissertatio De arte combinatoria (1666), sosteneva la possibilità di trasformare il ragionamento umano in calcoli matematici, mediante un alfabeto speciale (il linguaggio logaritmico). Considerato il padrino dell’algoritmo moderno, Leibniz sognava di ridurre la complessità dell’universo ad un unico calcolo simbolico, un’algebra del pensiero grazie alla quale poter risolvere ogni tipo di problema. Esplorando l’arte delle combinazioni, basata sul potere del calcolo logico, che permetteva di generare idee ed invenzioni inedite, e di analizzare e scomporre idee complesse in elementi più semplici, il matematico, filosofo e inventore tedesco desiderava far progredire l’umanità in ambiti diversi (come il diritto, la logica, la musica, la medicina, la fisica e la politica), ed anticipava gli studi di logica simbolica, algebra, e le nuove forme di calcolo infinitesimale che avrebbero condotto alla nascita dei computer e alla formulazione di temi come la digital philosophy e l’Intelligenza Artificiale (AI). Le pionieristiche interpretazioni del calcolo e dell’arte combinatoria formulate da Leibniz erano state ispirate dal logico, mistico, filosofo e teologo maiorchino Ramón Llull, convinto della possibilità risolvere qualsiasi tipo di questione utilizzando un procedimento puramente logico-razionale. Nell’Ars magna primitiva (1274) Llull proponeva di tradurre il linguaggio naturale in quello numerico, scomponendo le nozioni linguistiche ed assegnando a queste dei numeri, ed aveva progettato un prototipo di meccanismo per automatizzare il pensiero, un lontano precursore dei moderni calcolatori e computer.

Llull, come Hobbes, dipendeva dagli studi di Aristotele, che nei Priorum Analiticorum aveva sviluppato la teoria dei meccanismi di deduzione logica basati sul ʻragionamento concatenatoʼ del sillogismo (gr. συλλογισμός,lat. sillogismos), con i quali poneva le basi per lo sviluppo della logica matematica dei secoli successivi e del cosiddetto pensiero algoritmico o computazionale dei nostri giorni. Il filosofo greco aveva indagato la relazione di complementarietà esistente tra ʻcalcoloʼ e ʻragionamento logicoʼ, aspetti da considerare come ‘facce della stessa medaglia’: infatti, il termine greco loghismòs (λογισμός), significa ʻcalcolo, computo, contoʼ, ma anche ʻriflessione, pensiero, facoltà di ragionareʼ, e corrisponde al sostantivo latino compŭtātĭo.

Dagli anni Sessanta del Novecento il termine è attestato, a partire dai dizionari di lingua inglese, in riferimento a nuovi ambiti disciplinari: la ‘linguistica computazionale’, le ‘neuroscienze c.’ (che hanno portato alla formulazione della teoria computazionale della mente, alla definizione negli anni Ottanta che “ogni essere umano è un sistema c.” con gli studi di David Marr, fino alla definizione di ‘pensiero computazionale’ nel 2006, di ‘creatività c.’, formulata nel 2020 durante l’International Conference on Computational Creativity, e di ‘conoscenza c.’), la ‘filologia c.’, la ‘matematica c.’, la ‘fisica c.’.

Recentemente entrato nel lessico della critica d’arte contemporanea, sebbene i dizionari di lingua italiana e inglese non attestino ancora questa nozione, è possibile trovare una definizione di ‘Computational Art’ in alcuni insegnamenti universitari attivati in area anglosassone (Master of Arts, Università Goldsmiths Londra),volti a sviluppare la pratica artistica attraverso il mondo espressivo del calcolo creativo,e in alcuni saggi di critica d’arte, in riferimento alle opere di Ernest Edmonds, Enrico Zimuel (in arte Catodo) e Davide Quayola.

Lo studio della dott.ssa Cafà è stato corredato dalle interviste agli artisti computazionali Ernest Edmonds, docente di Computational art alla Montford University di Leicester, definito nel 2019 il pioniere nell’uso dei computer e di idee computazionali nell’arte, ed Enrico Zimuel, docente di ‘arte generativa’ presso l’Accademia Pictor di Torino, che ha studiato algoritmi su automi cellulari presso la scuola NKS dello scienziato Stephen Wolfram presso la Brown University (USA).

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